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FEDRA

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Lucio Anneo Seneca

Fedra 

dal programma di sala

 Lucio Anneo Seneca (ca. 4 a.C. – 65 d.C.), di Cordova, figlio di Seneca il Retore, filosofo, poeta, oratore latino e senatore romano. Come filosofo, seguì lo stoicismo, mostrando spiccato interesse per i problemi morali. Come scrittore, è considerato il più moderno della letteratura latina: a lui va il merito di avere scoperto la dimensione dell’interiorità in termini attuali.  

Le opere filosofiche – Molte sono andate perdute. Tra quelle che ci sono pervenute si ricordano “Epistulae ad Lucilium”, “De beneficiis”, “De clementia”, “De ira”, “De brevitate vitae”, “Dialogorum libri” e “Naturales quaestiones”.

Le tragedie – Sono le uniche rimasteci del teatro romano. Gli sono attribuite nove cothurnatae, di argomento greco, – “Hercules Furens”, “Troades”, “Phoenissae”, “Phaedra”, “Medea”, “Oedipus”, “Agamemnon”, “Thyestes” e “Hercules Oetaeus”, – e una praetexta, di argomento romano, “Octavia”, in cui egli appare come personaggio.
Esse presentano problemi relativi alla cronologia, alla destinazione e allo spirito. Non sappiamo se rientrino in un progetto educativo del “princeps” o se siano state composte per fini artistici. Nel primo caso risalirebbero agli inizi del principato di Nerone, nel secondo agli ultimi anni della vita di Seneca. Non si sa, poi, se e quando furono rappresentate o se fossero solo destinate alla lettura nei circoli letterari o nelle sale di recitazione della capitale. Le difficoltà tecniche di rappresentazione e lo stile, tipico della “recitatio”, inducono buona parte della critica a propendere per l’ipotesi delle sale di recitazione, ove, come è stato rilevato, “l’azione drammatica era sostituita dalla declamazione dei sentimenti e dalla sottigliezza del dialogo sofistico.” Infine, è chiaro che Seneca si allontana dallo spirito dei suoi modelli greci: il suo è un “tragico ideologico, non tematico”: il nodo tragico non è costituito dall’intreccio degli eventi, ma dallo scatenarsi e dallo scontrarsi delle passioni che ottenebrano la “sapientia”.

“Fedra” – la storia – Mentre Teseo è agli Inferi, Fedra, sua moglie, si innamora follemente del figliastro Ippolito. La nutrice cerca di farla rinsavire, ma Fedra manifesta la volontà di uccidersi. Spaventata, la nutrice fa un tentativo per convincere Ippolito. Il giovane, fedele a Diana e alla castità, non intende le tortuose parole della donna. Fedra stessa rivela a Ippolito il proprio amore, suscitandone l’inorridita ripulsa. La nutrice suggerisce quindi a Fedra di ritorcere contro di lui l’accusa di violenza. Proprio allora torna Teseo che, insospettito, obbliga la moglie a parlare. Fedra accusa Ippolito, provocando l’ira del marito, che prega Nettuno, suo padre, di far morire il figlio. Poco dopo viene annunciata la morte del giovane. Fedra, sconvolta, rivela a Teseo l’innocenza di Ippolito e la propria colpevolezza e si uccide.

Le fonti – Sicuramente Seneca mutuò “Fedra” da Euripide, di cui ci sono pervenuti un “Ippolito” (conosciuto anche come “Ippolito coronato”) e una ventina di frammenti di un’altra opera, un “Ippolito velato”. Poiché “Fedra” presenta differenze rilevanti dall’”Ippolito”, si suppone che essa derivi dalla tragedia perduta. Probabilmente egli ebbe anche conoscenza di un’altra tragedia, pure perduta, di Sofocle e della quarta delle “Heroides”  di Ovidio.

Le caratteristiche – La struttura – Come tutte le tragedie di Seneca, anche “Fedra” è divisa in cinque atti, ciascuno dei quali termina con un intermezzo del coro. 

I temi –  Sono quelli cari al cordovano e che fanno di lui un autore moderno: il conflitto inconciliabile tra ragione e furore, la lacerazione interiore di chi è preda del “furor” e ha perso il controllo di sé e delle proprie azioni, il dualismo odio-amore e passione-virtù e, nella fattispecie, il binomio amore-morte.   

I personaggi – Come tutti i personaggi di Seneca, Ippolito, Fedra, Teseo, sono delineati con grande potenza drammatica e psicologica: acuta analisi della passione, studio penetrante dell’individuo e delle forze che agiscono in lui e che finiscono per determinare l’azione. Essi sono classici esempi di “furor”, contrapposto a “ratio”, operante non solo tra i personaggi, ma anche nel loro stesso intimo.  

Il coro – Ha perso quasi completamente la funzione presente nel teatro greco: è diventato prevalentemente lirico, benché permangano momenti drammatici in cui esso dialoga con le “personae”. E’ generalmente un canto di intermezzo, una meditazione filosofica, o meglio morale, che accompagna e commenta l’azione che si sta svolgendo. 

L’allestimento – Molti critici hanno ritenuto “Fedra” irrapresentabile perché è basata sulla “parola”, sulla forza dei sentimenti e la sottigliezza delle argomentazioni, e come tale è essenzialmente statica. Nell’allestimento abbiamo mantenuto come irrinunciabili le caratteristiche principali, ma abbiamo ritenuto necessario ovviare alla staticità movimentando l’azione sulla scena e rendendo più fluidi e incalzanti i monologhi e le parti corali. A differenza della versione originale, l’opera viene presentata in due tempi,

Durata 1h 30’ circa + intervallo 

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Regia
Sergio De Marchi

Scena
Sergio De Marchi

Costumi
Ivonne Paltrinieri

Ippolito                                                    Giovanni Bocchi
Fedra                                                       Angela Fornacciari
Nutrice                                                     Fiorenza Bonamenti
Ancella                                                      Vanda Demarchi
Coro                                                           Sandro Boninsegna
Gabriella Ferramola
Alberto Franzini
Ivonne Paltrinieri
Teseo                                                           Sergio De Marchi
Messi                                                           Gabriella Ferramola
Ivonne Paltrinieri

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Collaborano
Valter Delcomune Marisa Taffelli  Franco Ubezio
Servizio fotografico    Andrea Perina

 

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